martedì 21 gennaio 2014

LE MIE VECCHIE NIKE AIR, LA FINE DI UN'ERA.

2005. Il mio primo lavoro, trovato alla consegna del secondo curriculum; roba da metterci la firma col sangue oggi come oggi. E poi, quel caldo soffocante dell'estate romana passata non in vacanza con gli amici, no, ma a fare la commessa da Intimissimi. Nonostante la sfiga che sembrava essersi scagliata contro di me e con tutta la sua forza, devo dire che quel lavoro mi piaceva abbastanza. Lo stipendio arrivava puntuale e puntualmente, io lo avevo speso li dentro. Praticamente lavoravo per pagarmi pigiami.

Il primo giorno in quel negozio fu una tragedia, tornai a casa con un dolore allucinante ai piedi e alle gambe e il giorno dopo, in pausa pranzo, andai a comprare delle scarpe COMODE. Entrai da Foot Locker, il regno dei commessi vestiti da carcerati e dei " Ti posso aiutare?", "Ti serve qualcosa?" , " se hai bisogno chiedi". Non potevo nemmeno avercela con quei ragazzi, visto che ora facevo il loro stesso lavoro. Anche la mia giornata era piena di "Ti posso aiutare?".
Ero alla ricerca delle scarpe che mi avrebbero salvato la vita in quei giorni e girando per il negozio, non vedo niente di che. Poi in fondo al negozio, nel reparto bambini, la luce. Nike Air, belle, e così demodè. Le provo e sono come me le aspetto, COMODE. Vado alla cassa per pagarle e parte la famosa frase Foot Locker che mi inchioda: " vuoi acquistare anche la nostra comoda soletta?" .
Se c'è qualcuno che non ci è mai cascato, lo voglio conoscere.
La comprai, CHE DOMANDE.

bombaliberatutti.blogspot.it

La mia estate in negozio procedeva per il meglio, le mie vendite andavano bene, i miei capi erano fieri di me e i miei pigiami aumentavano sempre di più.
Io e le mie Nike Air eravamo diventate inseparabili, stranamente le indossavo anche di sera. Avevo trovato inconsapevolmente il look della mia vita: maglietta nera, boyfriend jeans della Diesel, e le mie Nike. Si che bello, mi vestirei così anche a 80 anni, ad arrivarci.
Ed è proprio grazie a quelle scarpe che la mia vita cambiò. Le scarpe per me sono proprio quello, una metafora di vita e  lo specchio della persona che sei. Solo dal modo in cui le allacci, si capisce già se vai di corsa o no, se dai più importanza ad apparire o ad essere o se non ti importa proprio di allacciarle e se cadi amen.
Le scarpe possono far innamorare una persona di te, a volte.

Ne abbiamo fatta di strada insieme, anche se poi ad un certo punto le avevo riposte in fondo alla mia scarpiera. Il piede con la gravidanza si era gonfiato troppo e non mi entravano più.
 Da qualche giorno invece, le avevo rimesse ai piedi: ancora belle, stranamente attuali, e sempre comode.
Poi, ieri, LA TRAGEDIA.

Forse è stata colpa del calzino marrone. 



Chiaro segno del destino. La fine di un'era. Non scherziamo, io ho comprato queste scarpe quando il mondo indossava Adidas Galaxy e le Gucci con logo a vista. Io indossavo loro e il mondo sembrava essere più leggero da attraversare. I lacci che più di una volta ho provato a non mettere in bella vista e le scarpe slacciate che mi facevano venire la tallonite. E invece no, le scarpe vanno allacciate, a casaccio, come viene, con la linguetta un po storta. Anche la vita bisogna prenderla come viene.

Se volessi, potrei provare ad aggiustarle, con un po di Super Attak oppure tenermele così per sempre, ROTTE. Ed ecco qui, ancora un altro dilemma. Guardare al futuro senza timori, aggiustando il possibile e continuare a camminare, o riporre i sogni nel cassetto, non camminare più e ricordare il passato con quella nostalgia che solo le scarpe rotte sanno dare.



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